L’avvento di viaggiatori stranieri costituiva sempre uno sconvolgimento nella piccola ed abitudinaria vita di paese; la naturale diffidenza per il “forestiero” era amplificata non solo dall’impossibilità di capirsi a causa della lingua diversa, ma anche da usi e costumi che certamente erano ritenuti bizzarri, se non addirittura pericolosi. È quanto accade ai primi fotografi, che con le loro voluminose macchine ritrassero i nostri luoghi alla fine dell’Ottocento: tanti di loro erano cacciati in malo modo, soprattutto dalle donne, perché si riteneva che l’obiettivo della macchina fotografica avesse il potere di “rubare” qualcosa anziché di “restituire”. L’impressione dell’immagine sulla lastra era considerata un potere quasi diabolico e le donne cercavano di proteggere se stesse e la prole evitando di farsi riprendere.
Trepalle (Livigno), 1900
Castello d’Albertis, Museo delle Culture del Mondo, per concessione Csaav
Woman hiding with knitting
The arrival of foreign travellers always constituted an upheaval in the small and habitual village life; the natural mistrust for the ‘stranger’ was amplified not only by the impossibility of understanding each other because of the different language, but also by customs and traditions that were certainly considered bizarre, if not downright dangerous. This is what happened to the first photographers, who, with their voluminous cameras, portrayed our places at the end of the 19th century: many of them were shunned in a bad way, especially by women, because it was believed that the camera lens had the power to ‘steal’ something rather than to ‘give it back’. The impression of the image on the plate was considered an almost diabolical power and women tried to protect themselves and their offspring by avoiding being filmed.
Trepalle (Livigno), 1900
Albertis Castle, Museum of World Cultures, courtesy of Csaav