Nei contesti montani più eterogenei, le donne erano gravate allo stesso modo di tutti i lavori domestici e rurali: sfalciavano le erbe foraggere, lavoravano la terra con zappa e aratro, sollevavano carichi di legna e fieno, quasi quanto riuscisse a sopportare un mulo. Il contributo femminile nell’aspra e brutalizzante economia rurale era imprescindibile e ogni pezzetto di terra costituiva un bene preziosissimo da cui ricavare il maggior beneficio possibile: si piantavano soprattutto patate e cereali, tra i quali predominante era la segale e, in misura minore, orzo, frumento, grano saraceno, miglio, avena. La buona pratica della rotazione delle colture imponeva generalmente un ciclo alternato di patate-segale-lino; per una migliore preparazione del terreno, l’aratro era preceduto da una zappatura che eliminava ogni residuo di radici o erbacce. Se il lavoro degli uomini era soprattutto di forza, non meno sfiancante era quello delle donne che zappavano ricurve sulla terra.