Casa cantoniera

Storie di donne cantoniere

In questo scatto d’estate posano i gestori della III Casa Cantoniera, all’epoca “Regia Casa di Ricovero” sulla strada per il Passo dello Stelvio. Sulla destra, vestita di nero, Maria Ponti, moglie del cantoniere Pietro Salvadori, che 2 anni dopo resterà vedova e, fino al 1907, condurrà l’esercizio con le figlie e l’aiuto del futuro genero (lo stradino Giuseppe Tuana). Le Case Cantoniere (realizzate tra il 1823 e il 1826, insieme alla strada dello Stelvio) erano affidate in gestione al capo cantoniere (il responsabile della strada e il capo dei Rotteri, ovvero i manutentori), che vi alloggiava con tutta la famiglia e provvedeva all’alloggio dei viandanti. Le donne che vivevano nelle Cantoniere attendevano ai lavori domestici e alla famiglia, si occupavano dei bisogni dei viaggiatori e vi conducevano un’esistenza spesso solitaria e sacrificata. Marta Cattaneo, moglie del cantoniere Carlo Gobbi, partorì nella solitudine gelata del gennaio 1867 alla III Cantoniera e fu impavida albergatrice accanto al marito per tutti gli inverni in cui la strada restò aperta; la nuora Gelmina Pianta, dopo che col marito era salita alla IV Cantoniera per verificare i danni causati da ladri e vandali, ebbe un infarto forse causato dallo sforzo eccessivo (nell’aprile 1900 la strada non era transitabile e bisognava aprirsi un varco nelle nevi); la nipote Gelmina, maestra elementare, morì di spagnola a soli 26 anni dopo aver vissuto infanzia e adolescenza alla IV cantoniera, dove – a dispetto dell’eremitaggio del luogo – aveva potuto conoscere il letterato milanese Felice Cameroni che vi soggiornò continuativamente per 20 anni e contribuì ad instillarle il gusto della conoscenza e del sapere.

Stelvio III Cantoniera, 1897
AT-Archivio Tuana
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